Scrivo per ricordare, per non dimenticare l’unico amore che ha saputo vedermi davvero.
UNA STORIA CHE TI CAMBIERA' IL CUORE
Scrivo per ricordare, per non dimenticare l’unico amore che ha saputo vedermi davvero. Scrivere questo libro non è stata una scelta. È stato un bisogno, un’urgenza, quasi una febbre che non mi dava tregua. Ogni parola nasce da una ferita e da un desiderio profondo di guarigione. Tra quelle ferite, la più viva è quella lasciata da un amore breve, ma immenso. Mi sono chiesta: l’amore può durare per sempre?
Può sopravvivere alla distanza, alla mancanza, perfino alla morte?
Questo libro è la mia risposta.
L’ho scritto per chi ha amato, anche solo per un istante.
Per chi ha perso e per chi sa che l’amore vero non svanisce: cambia forma, si trasforma in ricordo, in silenzio che accompagna. A te, amore mio, dedico ogni mio respiro. Ti ricorderò sempre così: al chiar di luna, mentre suoni la chitarra. Noi due, mano nella mano, senza mai lasciarci. Nemmeno ora. Camille ha perso l’uomo che amava, Jean. Per ritrovare se stessa si rifugia nella casa sul mare della sua infanzia, dove il tempo sembra sospeso e i ricordi si fanno presenza. Proprio lì, una telefonata inattesa la conduce a Marco, amico di Jean, che le consegna una scatola misteriosa. Dentro, un diario e una busta non aperta, capaci di svelare verità taciute e farle rivivere l’amore che credeva perduto. La storia si sviluppa tra passato e presente, intrecciando il vissuto di Camille con i segreti custoditi da Jean, in un dialogo silenzioso tra ciò che è stato e ciò che ancora può essere. Ogni pagina è un viaggio tra dolore e rinascita, dove il cuore della protagonista batte in due epoche diverse ma unite dallo stesso amore. Parole mai dette è un romanzo struggente e profondo, per chi ama le storie che parlano al cuore con parole sussurrate, segreti svelati, e la forza invisibile dei legami eterni.
PRIMO CAPITOLO
LA CASA DEL MARE
La brezza marina entrava dolcemente dalla finestra, muovendo con delicatezza le leggere tende di lino bianco che ne incorniciavano l’apertura. La luce del sole, timida, filtrava nell’ambiente, illuminando la stanza con sfumature dorate.
Camille dormiva ancora nel grande letto. Le lenzuola sparse sul materasso erano il segno di una notte agitata. Il suo volto appariva sereno, ma tutto intorno regnava il disordine. Vestiti buttati a terra, una bottiglia di vodka ormai vuota rovesciata sul comodino.
Un gabbiano, in silenzio, si avvicinò alla finestra aperta. Con movimenti lenti, infilò la testolina curiosa all’interno della stanza. Camille si voltò nel sonno, spaventando il volatile che volò via dolcemente verso il mare.
La villa, arroccata su una grande scogliera, dominava l’orizzonte marino. Quando il mare era agitato, dagli ampi finestroni si potevano sentire gli spruzzi dell’acqua salata, portati dal vento fino alla camera.
Costruita negli anni Sessanta in muratura, la casa combinava linee moderne con ampie finestre rivolte al mare. Tutto intorno si estendeva un giardino, e una scaletta di legno scendeva verso la spiaggia nascosta tra le rocce: una piccola insenatura silenziosa, segreta, custodita dal tempo.
Improvvisamente, a interrompere quel silenzio quasi irreale, il suono del telefono.
Camille si voltò con fatica. Aprì gli occhi lentamente e frugando tra i vestiti sparsi sul pavimento, cercò l'apparecchio. Quando finalmente lo trovò, rispose con voce rauca: “Pronto?”
Dall’altro capo, una voce squillante la investì: “Camille, sono due giorni che sei sparita! Mi vuoi dire dove sei?!”
Camille alzò gli occhi al cielo, visibilmente infastidita. “Sono nella casa sul mare. Ho preso le chiavi e sono venuta qui.”
“La casa sul mare...? Ma e’ un anno che è chiusa! Che pensi di fare lì? E poi, da sola in questo momento... La cosa migliore sarebbe stare con i tuoi cari. Non puoi continuare a scappare come fai sempre. Ora hai bisogno di noi.”
Quelle parole la colpirono come un vento contrario. Camille si alzò dal letto, lentamente e si stirò. Davanti allo specchio, fissò il proprio riflesso: fece una smorfia di spavento. Il volto era pallido, consumato dalle notti insonni. Le occhiaie profonde raccontavano di dolore e le veglie. Da quanto tempo non mangiava?
“Pronto... ci sei, Camille?”
“Sì, ci sono. Ma non hai capito? Sorellina... Ho bisogno di starmene lontana da tutto e da tutti. Devo leccarmi le ferite che la vita mi ha lasciato, da sola.! Nessuno può aiutarmi. Solo io sono il mio medico e il mare farà il resto. Non preoccuparti... ce la farò. Salutami mamma.”